Secondo i dati PMI – Purchasing Managers Index – della scorsa settimana ci sarebbe un livello generale di benessere per quanto riguarda le imprese.
Secondo i dati PMI – Purchasing Managers Index – della scorsa settimana ci sarebbe un livello generale di benessere per quanto riguarda le imprese. I dati confermano l’accelerazione della ripresa economica europea. In aprile, l’indice composito della zona euro è salito da 53,8 a 56,9, dato massimo da 39 mesi a questa parte. In particolare, in aumento il settore dei servizi, dove l’indice di miglioramento è salito da 50,5 a 55,1, ben al di sopra del consenso di 52,5. Guardando ai singoli Paesi, a fare da traino è il settore dei servizi francese, salito a 56,6 in maggio da 50,3 di aprile.
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Le stime dell’Ecofin
L’ottimismo viene anche da Lisbona, dove si è svolto il vertice informale del Consiglio Economia e Finanza (Ecofin). A confermare le prospettive ottimistiche è stato il vicepresidente della Commissione Europea Valdis Dombrovskis , che si è detto ottimista circa la ripresa europea dell’economia dopo le difficoltà in seguito al Coronavirus.
“In Europa le prospettive economiche sono gradualmente in miglioramento e ci si può aspettare un rimbalzo piuttosto forte nella seconda metà del 2021 e anche nel 2022”, ha dichiarato il vicepresidente.
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Restano da valutare i piani di ripresa e resilienza, e il loro impatto sull’economia generale. Paolo Gentiloni ha spiegato che nel vertice Ecofin “ci sarà una prima discussione tra i ministri su una parte del pacchetto di transizione green che la Commissione presenterà a metà luglio, in particolare su come le tassazioni e il meccanismo di aggiustamento di carbonio alle frontiere potranno contribuire alla transizione verde“.
Le stime Svimez
Diverse le stime Svimez, secondo cui sono 73.200 le imprese italiane che rischiano di chiudere. A dirlo un’ indagine Svimez-Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne-Unioncamere, condotta su un campione di 4mila imprese manifatturiere e dei servizi tra 5 e 499 addetti. Il numero delle imprese a rischio corrisponde al 15% del totale. La causa, risiederebbe maggiormente nelle conseguenze del Coronavirus e delle restrizioni. La crisi economica innescata dalla pandemia ha avuto forti ricadute; così, le imprese a rischio sono quelle che “hanno forti difficoltà a resistere” alle conseguenze del Covid. Pesa “la fragilità strutturale dovuta ad assenza di innovazione (di prodotto, processo, organizzativa, marketing), di digitalizzazione e di export, e di una previsione di performance economica negativa nel 2021”, si legge nel report.
Secondo i dati, quasi la metà delle imprese italiane è fragile (non innovative, non digitalizzate e non esportatrici), nella misura del 48%. Al Sud arrivano al 55%, per quasi il 50% al Centro, per il 46% e il 41% rispettivamente nel Nord-Ovest e nel Nord-Est. Infatti, quasi 20mila imprese a rischio sono proprio nel Mezzogiorno e 17.500 al Centro. Una quota quasi doppia riguarda le imprese dei servizi (17%), rispetto alla manifattura (9%). L’indagine ha riscontrato che il 30% delle imprese dei servizi e il 22% di quelle manifatturiere italiane dichiarano aspettative di fatturato in calo anche nel 2021. Emergono due fattori evidenti:
• nei servizi non si segnalano differenziali territoriali apprezzabili ed una persistenza della crisi soprattutto nel Nord-Ovest
• nel manifatturiero emergono invece le difficoltà di ripresa del Mezzogiorno, il 27% delle imprese con previsioni di performance negative contro il 19% del Nord-Est e il 25% del Centro.
Il Sud a rischio
“Dall’indagine emerge, oltre a una differenziazione marcata tra Nord Est e Nord Ovest, anche la fragilità di un Centro che si schiaccia sempre più sui valori delle regioni del Sud”, commenta il direttore Svimez, Luca Bianchi . “I diversi impatti settoriali, con la particolare fragilità di alcuni comparti dei servizi, impongono, dopo la prima fase di ristori per tutti, una nuova fase di interventi di salvaguardia specifica dei settori in maggiore difficoltà, accompagnabili con specifiche iniziative per aumentare la digitalizzazione, l’innovazione e la capacità esportativa delle imprese del Centro-Sud”, prosegue Bianchi.