Dare il proprio codice IBAN e i propri dati anagrafici non è un grosso pericoloso. Scopriamo come gestire nel migliore dei modi la sicurezza nella fornitura dei cosiddetti dati sensibili.
In un periodo particolarmente frenetico e votato al futuro, come quello che stiamo vivendo, è anche più facile e veloce ricevere, inviare e gestire dati personali. Alcuni di questi sono particolarmente sensibili, perchè vanno a toccare aree strettamente private di una persona. Non parliamo ovviamente dei dati anagrafici, che possono essere a disposizione di chiunque. Facciamo particolare riferimento ai dati relativi alla situazione economica di una persona.
Uno dei dati a cui facciamo riferimento è il codice IBAN, ovvero l’indirizzo al quale è possibile trasmettere del denaro attraverso un bonifico. Partiamo da un concetto: se qualcuno ci chiede l’IBAN, di certo non è una persona con cattive intenzione, ma anzi è un soggetto che con ogni probabilità intende versarci del denaro, presto o tardi che sia. Ma è giusto anche tenere in considerazioni tutti i rischi e le precauzioni del caso, visto che si tratta pur sempre di un dato strettamente personale.
Andiamo dunque a parlare nello specifico di questo codice, analizzandone tutte le sfaccettature.
Come abbiamo già accennato, l’IBAN è un codice alfanumerico al quale è associato il nostro conto corrente, che sia esso bancario o postale. Di fatto è l’indirizzo presso il quale è possibile far confluire denaro che ci può arrivare in più modi. Può servire per farsi accreditare lo stipendio o per ricevere soldi da altri soggetti.
Si compone di 27 caratteri, che possono essere cifre o lettere. Nello specifico, gli elementi “fissi” sono i primi due caratteri che rappresentano il Paese di provenienza del conto (nel nostro caso IT) e le ultime dodici cifre che corrispondono al numero di conto corrente al quale è abbinato l’IBAN.
Come abbiamo già scritto, attraverso questo codice è possibile ricevere degli accrediti di denaro, ma ci sono altre funzioni da sfruttare. Come nel caso in cui si decida di effettuare la domiciliazione bancaria delle utenze della propria abitazione, come la bolletta della luce o quella del telefono.
Abbiamo già spiegato in diversi frangenti che l’IBAN è un codice con il quale effettuare solo operazioni in entrata. Non lo utilizziamo, dunque, per effettuare dei pagamenti perchè serve ad altre persone per inviarci del denaro, non certo per trattenerne a propria volta dal nostro conto corrente.
Per questo motivo possiamo assolutamente dire che è assolutamente sicuro inviare il nostro codice IBAN, o addirittura renderlo pubblico, visto che nessuno è mai riuscito a violare un conto corrente bancario o postale semplicemente conoscendo questo codice.
Del resto è abitudine, per esempio, di società e liberi professionisti rendere noto il proprio IBAN, attraverso le fatture che servono per ricevere denaro per le proprie prestazioni.
Non è possibile subire una truffa dopo aver diffuso il proprio codice IBAN. Facciamo l’esempio della domiciliazione bancaria per pagare le utenze di casa. Non è sufficiente fornire il codice relativo al conto corrente, ma è necessario aggiungere la propria firma e l’autorizzazione da parte dell’istituto di credito a prelevare direttamente la somma dovuta.
Una banca non potrebbe mai autorizzare un pagamento, anche se previsto in forma automatica, se l’utente in questione dovesse comunicare solo il proprio codice IBAN. La stessa cosa si può dire dei pagamenti che vengono effettuati con il metodo dell’home banking. In questo caso, per effettuare una frode ai danni del malcapitato utente è necessario conoscere i suoi dati di accesso, e non solamente l’IBAN.
Come detto, le ultime cifre di questo codice consentono di risalire al numero di conto corrente. L’unico modo per effettuare una truffa sarebbe legato a un’opera di hacking che consentirebbe di risalire alla password del suddetto conto corrente. Ma anche in quel caso si riuscirebbe a fare ben poco.
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